La notizia che arriva al mio blog è piuttosto circostanziata: Giulio Regeni, il ricercatore universitario di 28 anni, scomparso il 25 gennaio e trovato morto in un burrone al Cairo la sera del tre febbraio scorso, era un agente dell’Aise (Agenzia informazione sicurezza esterna), il servizio segreto italiano che si occupa di “minacce provenienti dall’estero”. In pratica l’intelligence che ha preso il posto del vecchio Sismi. Dunque tutto quello che riguarda terrorismo internazionale, Isis, Califfo, Al Qaeda, Abu Sayaf, Boco Haram, narcotraffico, traffico di organi, di essere umani e di armi, passa attraverso l’Aise.
A quanto risulta a questo blog, Regeni era stato arruolato qualche anno fa quando i servizi segreti italiani cominciarono a fare campagna pubblica per arruolare nuovi operatori chiedendo il curriculum. Quello di Regeni, a quanto pare, sarebbe stato in linea con le aspettative: buone conoscenze informatiche e dimestichezza con le lingue straniere, master vari. Era stato inviato in Usa prima e a Londra dopo. Poi, con la scusa della tesi di laurea, da sei mesi si trovava in Egitto. E la sua collaborazione giornalistica con il Manifesto, come successe anche per altri nel recente passato, funzionava da perfetta copertura.
Secondo le informazioni che ho raccolto i motivi della sua morte, oramai è appurato che sia stato ucciso, sarebbero da ricercare proprio nella sua azione in Egitto. Al suo arrivo al Cairo si sarebbe subito messo in contatto con organizzazioni anti Abdel Fattah al Sisi, il Presidente egiziano. I servizi segreti egiziani lo tenevano d’occhio da tempo in quanto “fomentava l’opposizione”. Il 25 gennaio sarebbe stato “catturato” dall’antiterrorismo egiziano che lo avrebbe torturato, menomato, tagliandogli le orecchie e il naso, violentato e ucciso. Secondo alcune fonti la morte di Regeni sarebbe da interpretare come una sorta di avvertimento ai servizi italiani: “Non ingerite maldestramente”.
Una minaccia che arriva in un momento particolarmente delicato della nostra intelligence dopo la conferma che per la liberazione delle due cooperanti Greta e Vanessa sarebbe stato pagato dall’Italia un cospicuo riscatto. Si è parlato di dodici milioni di euro. In realtà sarebbero stati 13, ma uno sarebbe rimasto attaccato a qualche manina italica. Chi si è fregato un milione di euro? Questa situazione poco chiara ha provocato anche un terremoto all’interno dei servizi segreti italiani: 86 operatori, compresi alcuni in posizioni apicali, sono stati “licenziati”. Alla luce di tutto ciò quella telefonata di Al Sisi al Presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi :”Perseguiremo ogni sforzo per togliere ogni ambiguità e svelare tutte le circostanze”, non fa dormire sonni tranquilli ai nostri governanti. Qualcuno dall’interno dice: “Si sono mossi Mattarella e Renzi. Sono tutti con il pepe al culo”.
Marco Gregoretti