LUCI ROSSE CON TRAMA ANTIFASCISTA

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  • Testata            Panorama
  • Data Pubbl.     13/11/1997
  • Numero           0045
  • Numero Pag.   66
  • Sezione            ATTUALITA’
  • Occhiello         GAFFE POLITICHE COME MAGNIFICARE, A SPROPOSITO, UNA CASSETTA A LUCI ROSSE CON TRAMA ANTIFASCISTA
  • Titolo  SU, SIGNORINA, NON FACCIA RESISTENZA
  • Autore MARCO GREGORETTI
  • Testo

FILM A LUCI ROSSE:

I suoi amici sono tutti, o quasi, comunisti toscani. All’ inizio, quando il 31 ottobre proprio L’ Unità gli ha dedicato due articoli e un’ intervista, hanno fatto finta di niente. Ma ora lo tormentano: “Come ti sei permesso, compagno, di fare un film pornografico sulla Resistenza e l’ antifascismo? Ma lo sai quanti partigiani hanno pagato con la vita le loro idee?”. Eppure, che Silvio Bandinelli, 43 anni, fiorentino, ex simpatizzante del Pdup e oggi “di comunisti educati come Lucio Magri e Fausto Bertinotti”, fosse un regista specializzato in film hard era noto. Ha persino una casa di produzione e all’ attivo una gran quantità di cassette porno, tra cui due con Selen. La pietra dello scandalo, la provocazione che ha attizzato il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, è Mamma, il primo pornofilm di sinistra con Deborah Welles e Ursula Cavalcanti (cofanetto di due cassette a 160 mila lire, da metà novembre nei sexy shop). Due ore e dieci minuti, per metà occupate da sette lunghe scene hard che narrano le vicissitudini della famiglia del gerarca Cesare Daldo alla fine degli anni Trenta. La morale fascista gli impone una irreprensibile condotta sessuale, ma lui, Daldo, nel privato ha un desiderio proibito: convincere la moglie (cioè la pia madre di una ragazza, da cui il titolo Mamma), interpretata dalla famosa pornostar Deborah Welles, a farsi sodomizzare vestita da gerarca. “Ma” spiega Bandinelli “lei non vuole perché non è una mamma maiala, è una signora molto perbene”. Infatti più volte si confessa turbata con un prete, che si turba a sua volta e la sogna nuda in confessionale. Batti e ribatti, alla fine la signora Daldo cederà: sarà però un partigiano, Andrea Paternò, fidanzato della figlia, a riuscire nella peccaminosa impresa diventando così il protagonista del vero pornoscoop di Bandinelli: convincere Deborah Welles, come annuncia la fascetta di Mamma, a girare la prima scena “anal” della sua lunga carriera. “Non l’ aveva mai fatto sul set” dice il regista “ovvio, dunque, che ci sia molta attesa”. Questioni di pornomarketing. Bandinelli, che nel 1978 a Firenze si è laureato in storia del cinema con Pio Baldelli, ex direttore di Lotta continua, rivendica anche la trama, la storia definita dall’ Unità “politically correct” (vedere riquadro a fianco). Infatti il fidanzato della figlia del gerarca decide di sedurre la mancata suocera per vendicare la morte di suo padre ucciso da Rodolfo Daldo, fratello di Cesare, ma dichiarato suicida. “In questo modo” politicizza Bandinelli “volevo fare un riferimento agli anni di piombo, al suicidio misterioso dell’ anarchico Giuseppe Pinelli”. E alla fine vendetta sarà: l’ autista di casa Daldo, un partigiano infiltrato, andrà a letto con la figlia del gerarca. Al quale non resterà, oramai disonorato, che uccidere figlia, moglie e se stesso. Sui titoli di coda Bella Ciao chiude 140 minuti di sesso antifascista. Con il placet surreale dell’ Unità.

 

BOX

“HARD SI’, MA POLITICALLY CORRECT”

La sexy-analisi del quotidiano del Pds Per presentare l’ intervista al regista di film hard Silvio Bandinelli, “L’ Unità”, in apertura della pagina degli Spettacoli di venerdì 31 ottobre, ha pubblicato una solenne prolusione. Eccone uno stralcio. Abbiamo trovato un film porno, Mamma di Silvio Bandinelli, che usa come fondale una storia che ci appartiene. Una sorta di invasione di campo “sacrilega” poiché azzarda un ponte rischiosissimo tra due linguaggi, e due mondi, incomunicabili. Ambientato alla fine degli anni Trenta, il film parla di fascisti e antifascisti; di oppressioni e di Resistenza. Abbiamo deciso di raccontare questo “sconfinamento” dopo aver visto il film, che, pur nell’ ambito del genere hard, è rispettoso della Storia: un film – a modo suo – “politically correct”, come si dice nella comunicazione moderna. Anche se a moltissimi non piacerà che si sia tentato di accostare in questo modo il “sacro” e il “profano”. Non ce ne voglia chi alla lotta partigiana ha contribuito e chi ha subito le repressioni. Non ce ne voglia chi non ha dimenticato un dolore che non si può dimenticare. Con il rispetto dovuto alle tante vicende personali di una generazione che ci ha regalato il bene più prezioso, la democrazia, ci è sembrato però giusto che fossimo noi a raccontare dell’ esistenza di questo film. Perché la Resistenza, al di là dei vari aspetti cinematografici nei quali può essere trattata, è parte integrante della nostra storia. Anzi, è il valore della nostra Storia, insieme alle tante persone che ci hanno insegnato che la “loro” Storia è un valore.