Sedici anni e un giorno fa (o qualche ora in meno) la cosiddetta cupola della mafia subì un colpo tramortente: l’11 aprile 2006 fu arrestato Bernardo Provenzano, capo di Cosa nostra dal 1995, latitante dal 1963, cioè per 43 anni. Oddio, sulla latitanza qualche perplessità consentitemela, visto che le manette ai polsi gli sono state messe praticamente a casa sua. Ovvero in una masseria di Corleone, dove lui era nato il 31 gennaio 1933. Si sono favoleggiate le più clamorose spiegazioni per giustificare una latitanza così lunga: lo hanno perso di vista che aveva 30 anni e lo hanno ritrovato che ne aveva già compiuti 73. Senza foto, senza tracce. È un fatto arcinoto per esempio che, storicamente, gli apparati di intelligence della Nato (chiamiamoli così), soprattutto americani, stringano alleanze tattiche, e a volte, strategiche, con la grande criminalità organizzata. È così perlomeno dallo sbarco in Sicilia. Dunque nulla di strano che, (sarà sicuramente una bufala), sia circolata per anni la voce che, in realtà, il superboss fosse ospite di qualche struttura militare del nostro Paese, vivo, vegeto e ben nutrito. E che, poi, l’ambaradan sulla presunta trattativa Stato-Mafia, o similari, abbia suggerito un “È ora di mollarlo”, sennò so cazzi. Tutte bufale da terrapiattisti, sicuramente. Però qualche spiegazione a quella frase che Provenzano pronunciò quando lo prelevarono per tradurlo in carcere, “Voi non sapete che cosa state facendo”, bisognerà immaginarla, un qualche senso dovrà pure averlo avuto. Anche in questo caso dal cilindro dei “pistaroli” come me ne sono uscite di tutti i colori. Dal “Adesso i terroristi colpiranno anche in Italia, perché lui era il garante in questo senso”, al “Salteranno accordi politici importanti” “Chissà quale ministro arresteranno”. In questi casi si possono immaginare e ipotizzare un mare infinito di scenari. Probabilmente tutti inutili o sbagliati. Ma per me resta un mistero una latitanza così lunga, conclusa con quella frase all’apparenza minatoria. Il 13 luglio 2016 il boss dei boss è morto e non possiamo chiederglielo.
Speriamo che sia più semplice la spiegazione quando con un maxi blitz metteranno fine anche allo svolazzare impunito di Matteo Messina Denaro, latitante dall’estate del 1993, dopo le stragi che costarono 21 morti e 114 feriti. Fra dieci giorni, il 26 aprile, compirà 60 anni. È ancora troppo giovane per finire in prigione?
Marco Gregoretti