Archivio di Greg. Ti rapino trappando. La mia inchiesta per Libero sulle 13 baby gang milanesi. Parla il Maggiore Silvio Ponzio dei Carabinieri. Ascoltate il breve video della Z9 (Video)

La mia inchiesta per il quotidiano Libero sulle baby gang milanesi
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IL TESTO INTEGRALE DELL’INCHIESTA
In città ce ne sono 13. Ogni municipalità ne ha una, in alcuni casi, come nel quartiere San Siro, due. Sono le baby gang. Tutti i giorni finiscono nei verbali di denuncia per aggressioni in gruppo, rapine, furti, atti violenti gratuiti. Si chiamano Z1, Z2, Z3, fino a Z9 (tanti sono i municipi di Milano) e 7 Zoo, Ko gang… Anche in zona 4 raddoppiano, una gravita nei piazzali Corvetto, Lodi e Gabrio Rosa, la seconda “opera” in Porta Vittoria e piazzale Insubria. La 13esima è l’ultima nata e si muove tra i palazzi altissimi e nelle vie tirate a lucido di City life. A volte si identificano anche con il cap. Sono la parte oscura del meltin pot : le culture e gli usi di ragazzi italiani, marocchini, tunisini, egiziani di seconda e terza generazione (quindi cittadini italiani a tutti gli effetti) assemblano le parti peggiori e illegali. Lo sappiamo da poco e c’è ancora qualche gattino cieco, però. Il maggiore Silvio Ponzio, comandante della compagnia dei Carabinieri di Porta Monforte, coordinatore della prima indagine sul tema e oramai tra i massimi esperti di devianza giovanile, dice a Libero: “Il meltin pot è bellissimo e va sostenuto. Ma non capire che quello delle baby gang non è un fenomeno circoscritto e che, invece, riguarda tutta la città, senza alcuna zona franca, significa non voler vedere. Se ogni sabato sera ci sono rapine ai danni di ragazzine al Duomo, in corso Como, alla Bicocca, a Parco Ravizza, qualche cosa vorrà dire”.
Ottobre 2021. In caserma, in viale Umbria, ai Carabinieri arrivano denunce e segnalazioni a raffica di furti di catenine, di aggressioni gratuite per strada, ai giardini pubblici, in Porta Vittoria, in zona Corvetto, in viale Molise. Le vittime raccontano, le telecamere riprendono. Indagando gli investigatori si imbattono nella storia di una ragazza circondata, insultata e malmenata alla fermata dell’autobus. La costrinsero a consegnare lo smartphone e di sbloccarlo per resettarlo così da poterlo rivendere subito, per pochi euro, a negozianti compiacenti o, la domenica mattina, nei mercati illegali di piazzale Cuoco e di viale Lucania. Lo scorso 2 marzo otto minorenni sono finiti nelle grinfie dei Carabinieri. Il più anziano ha 17 anni, il più piccolo, con il ruolo di “provocatore” non imputabile, ne ha 12. “Questo è stato il punto di partenza” spiega Ponzio.

Un’altra pagina della mia inchiesta sulle baby gang milanesi

La violenza, l’aggressività nei confronti delle forze dell’ordine, coperti dalla logica del branco, il mito del danaro facile, gli abiti griffati, l’ultimo modello di cuffiette, gli occhiali da sole, le casse bluetooth, sono la scala valoriale che aggrega questi ragazzi, generalmente con storie di disagio famigliare ed economico, ma non solo: ci sono anche figli di papà che, come suggerisce il maggiore Ponzio “vogliono provare l’ebrezza della rapina o del pestaggio…”. Ogni quartiere ha il trapper di riferimento. È un modello, non un affiliato alla gang. C’è un mondo da scoprire dietro la produzione musicale di questi idoli di zona. Nei testi dei brani raccontano il cambio della loro esistenza: dalla fame alla macchina da 100mila euro. Il massimo per le baby gang. Che, però, non sono strutturate con un capo e dei vice capi, anche se spesso c’è l’elemento trainante, più forte, più cattivo, più “esperto”. La gerarchia è la strada, il luogo di ritrovo, la via del quartiere. Z9 Niguarda, Z 6 Barona, Z5 Ripamonti e, come annuncia la scritta in piazza Selinunte, “Qui comanda 7 Zoo”, una delle due bande giovanili di San Siro. L’altra è Z 7… Durante la settimana agiscono nel proprio contesto. Nel week end si spostano e attaccano la Movida al Duomo, in piazza Gae Aulenti, in Corso Como, in piazza Leonardo da Vinci, location storica di feste liceali dove, l’inverno scorso, tra coma etilici e rapine violente di catenine, è successo di tutto. I loro segni di riconoscimento sono il tatuaggio, il particolare piercing, l’abbigliamento. E, soprattutto, il linguaggio. Sono riusciti a elaborare un slang che esclude gli estranei dalla comunicazione ”Sanno di essere intercettati”, spiega Ponzio “Così parlano in modo praticamente incomprensibile e usano preferibilmente il wi fi”. Conoscono e gestiscono la realtà web come esperti hacker, giocano con gli Ip per non farsi individuare, hanno account Instagram e canali Telegram che utilizzano per autopromuoversi attraverso la pubblicazione dei video delle loro gesta. Proprio attraverso un filmato di Instagram gli investigatori sono arrivati recentemente agli esecutori di un pestaggio ai giardinetti pubblici di via Frappanpuli, nel 2019. Una giovane minorenne passeggiava tranquilla. Si ritrovò per terra e, tra calci e pugni, fu costretta ad abbracciare il tronco di un albero. E poi ancora botte. Fino a quando la ragazzina del gruppo, Z5, gelosa perché era innamorata del ragazzo che piaceva anche alla vittima, la afferrò per i capelli, la trascinò riempiendola di epiteti di ogni genere, le portò via la borsetta e scappò. Internet serve anche per coordinarsi quando devono portare a termine azioni particolari. Per esempio quella davanti al Bicocca Village. Alle 17 di un sabato pomeriggio cinquanta componenti della Z9 si presentarono vestiti di nero, con mefisto calato, spranghe e mazze per scontrarsi con una baby gang filippina. Dettaglio: a quell’ora c’erano nonni con i nipotini, mamme con i passeggini. I Carabinieri riuscirono a evitare il peggio. Ma non sempre sono arrivati in tempo: le risse organizzate tra gruppi rivali in luoghi convenuti sono tra le opzioni delle baby gang milanesi.
Dopo tante polemiche e lo scandire di denunce per episodi quotidiani, la Procura di Milano, ha preso seriamente il problema. “Già dall’indagine sulla Z4, la Procura dei minori, nelle persone di Sabrina Ditaranto e del procuratore Ciro Cascone, hanno manifestato una proficua sensibilità” dice Ponzio. D’altronde non sfugge a nessuno il rischio di un salto di qualità. Gli investigatori sono preoccupati perché si potrebbe verificare un avvicinamento operativo tra alcuni appartenenti alle baby gang e organizzazioni criminali più strutturate. Per ora, per esempio, la droga, principalmente hashish, marijuana, cocaina e pasticche varie, sono circoscritte all’uso interno. Per ora… “Abbiano constatato una rapida evoluzione: c’è stato un passaggio dalle catenine, alle rapine nei supermercati gestiti dai cinesi, fino all’ultimo caso di una coppia aggredita e minacciata con il coltello per costringere l’uomo a recarsi al bancomat e prelevare 500 euro. Vigiliamo”.
Già, ma come? Basta l’azione investigativa? “No” conclude il Maggiore Ponzio. È fondamentale la prevenzione scuola per scuola, associazione per associazione, comunità per comunità, per far capire a questi ragazzi e anche agli adulti che, sebbene siano minorenni, finiscono in carcere lo stesso”. Si chiama Progetto di diffusione della cultura della legalità. I Carabinieri lo portano avanti insieme a molti dirigenti scolastici. Bisognerebbe parlarne a quella ragazza della Z4 che ha massacrato di botte la coetanea alla fermata dell’autobus. Quando i Carabinieri sono andati a casa sua lei, spavalda, davanti alla madre, ha sfidato i militari dell’Arma: “Volete quel pezzo di fumo che ho di là? Andatelo a prendere in camera mia. Vi faccio vedere dove lo tengo”. Pensava che sarebbe rimasta agli arresti domiciliari. Non sapeva che erano arrivati a lei per altri motivi. E quando ha capito che l’avrebbero portata in carcere a Pontremoli è scoppiata a piangere.
Marco Gregoretti
IL VIDEO DELLA BABY GANG MILANESE Z9 (NIGUARDA)