Catenine, cazzotti, palpate e tik tok. L’escalation è questa: il gruppo, il branco, arriva nei luoghi della movida, e non solo, urlando, insultando, dando fastidio alle persone. Serve l’aggancio, il pretesto per attirare l’attenzione e passare alle vie di fatto: pugni, calci, schiaffi, e molestie sessuali alle ragazze, sempre più impaurite. Il corollario è lo strappo della catenina dal collo. Ma senza botte non piace farlo. Il video da mettere on line è più figo così. E parte l’emulazione a macchia da leopardo. La criminalità giovanile oramai spaventa Milano ed è in cima all’agenda delle Forze dell’ordine, impegnate in interventi continui, a ritmi parossistici.
Marco Calì, capo della squadra mobile di Milano dal 2 ottobre 2019, napoletano, 52 anni, si confronta tutti i giorni con questa realtà. E si è fatto un’idea molto precisa. Che spiega a Libero
Domanda Dottor Calì. A che cosa stiamo assistendo?
Risposta A un fenomeno generazionale trasversale, così diffuso che è difficile da quantificare
D Che cosa intende per “trasversale”?
R Che si tratta di una aggregazione molto fluida, estremamente fluida, di italiani, stranieri, italiani da due o tre generazioni, minorenni e appena maggiorenni. Perfino giovani non imputabili , di 12 o 13 anni, che usano la stessa cifra comportamentale del gruppo. Non sono, per fare un esempio classico, come le pandillas sudamericane
D Però sono gruppi…
R . Sì, certo. Ma random. Il che rende ancora più difficili le indagini. Faccio un esempio: si contattano via social, si ritrovano per una rissa contro ragazzi di un altro quartiere, o per una determinata iniziativa musicale… E poi, magari, non si vedranno mai più tra loro
D. Visto che ci siamo, che cosa è successo a Peschiera, sulle sponde del lago di Garda, giovedì 2 giugno, quando migliaia di ragazzi hanno praticato violenza di ogni genere?
R. Vicenda molto fresca, appena capitata. Ci sono indagini in corso. Però è un fatto inseribile, secondo me, nel quadro, appunto, della devianza giovanile trasversale, sociale e anagrafica. Che si spinge fino alla violenza fisica fine a stessa, a quella sessuale, alla rapina da strada per sottrarre la catenina, lo smart phone, l’IPod, il capo di abbigliamento. Ma il fine ultimo è, comunque, farsi notare
D Una forma di narcisismo estremo? Può essere questa la molla che li aggrega e li motiva?
R In qualche modo è proprio così. Narcisismo della violenza. Rimasi colpito da un nostro intervento in zona Sempione, davanti a un locale all’Arco della Pace.
D Che cosa successe?
R Alcuni ragazzi stavano trascorrendo un po’ di tempo in tranquillità seduti ai tavolini nel dehor di un bar. Passò un gruppo di coetanei, tra loro c’era un giovane pugile. Erano carichi e sovraeccitati. Trovarono il pretesto per far scattare la scintilla.
D Il pretesto?
R. Sì, tipo: che hai da guardare, che c…. vuoi? Il pugile tempestò di pugni in faccia un inconsapevole ragazzo, mandandolo in coma. Quando lo arrestammo ci fu chiaro che non aveva alcuna consapevolezza della gravità di quello che aveva fatto. Nel gruppo perdono anche l’individualità, il senso critico. Si omologano verso comportamenti criminali. Nella loro mente si tratta di goliardate. Anche le violenze sessuali le definiscono così. Creano una sorta di socialità adrenalinica
D E la vittima del pestaggio, come sta?
R È uscito dal coma, ma sta facendo un lungo percorso per riabilitarsi completamente dalle conseguenze fisiche e psicologiche di quel che ha subito
D. Lei ha detto che erano carichi e sovraeccitati: nel senso che usano droghe varie?
R. Il vero allarme è dato dall’alcol. Ne fanno un uso smisurato. A volte sono devastati da quello che bevono. Catatonici. Branco più alcol: un combinato disposto irrefrenabile. Quando parte l’onda aggressiva non si fermano più.
D. Colpa della pandemia, del lock down, della dad?
R. Assolutamente no. Da un punto di vista numerico siamo al livello del 2019. Tant’è che noi avevamo già segnalato più volte l’esistenza di questo fenomeno. Però è cambiata la qualità
D In che senso?
R Nel senso che c’è una aggressività latente molto diffusa. Forse una reazione alla lunga compressione che abbiamo vissuto. Si creano bersagli su cui sfogare. Non basta rubare la catenina o lo smartphone, senza alcun motivo, devono picchiare il derubato.
D Le cronache registrano anche aggressioni alle forze dell’ordine.
R In effetti in archivio abbiano i fatti di piazza Selinunte, in zona San Siro. Nell’aprile del 2021 con il tam-tam social era stato organizzato un concerto del rapper Neima Ezzea durante il lockdown. Furono inviati poliziotti in assetto che subirono lanci di oggetti e di bottiglie
D Temete reazioni violente da parte della cittadinanza?
R. No, Milano è una città civile e inclusiva. Però questa realtà merita molta attenzione. Anche da un puto di vista di educazione civica e di prospettive da proporre.
D Qualche idea su come arginare questa “devianza generazionale trasversale?”
R Guardi, io le posso rispondere come poliziotto. Con il Questore Giuseppe Petronzi abbiamo acceso un focus specifico sulla condotta criminale giovanile, aggiornando anche le modalità di intervento, con servizi asimmetrici.
D Che cosa significa servizi asimmetrici?
R Che dobbiamo adattarci alla realtà. Diventando come entomologi chirurgici per capire subito i focolai con i briefing quotidiani e le analisi continue, con agenti preparati per affrontare i crimini da strada, con il coinvolgimento dell’ufficio stranieri, della divisione amministrativa e sociale, delle volanti
D Un esempio del modulo asimmetrico?
R. In un luogo della Movida vengono inviati personale in divisa e poliziotti in borghese. Questi ultimi appena intuiscono che alcuni atteggiamenti stiano andando sopra le righe, si avvicinano e con tranquillità intervengono: “Ragazzi, divertitevi e state calmi”. E poi si allontanano, continuando a tenerli d’occhio. Le volanti, intanto, identificano giovani potenzialmente “problematici”. È un po’ come dirgli: vi controlliamo
Marco Gregoretti