Le prime due domande che vengono spontanee sono: se aveva avuto disagi psicologici così importanti come mai poteva tener l’arma nella fondina? La seconda: quando e perché erano iniziati questi disagi? Non è stata una passeggiata per il pm di turno di Como e per i suoi due colleghi della Procura militare di Verona interrogare, ieri pomeriggio dalle 15, il brigadiere Antonio Milia, 57 anni, padre di tre figli, sposato, che , intorno alle 17,30 di giovedì sera, con la pistola di ordinanza ha ucciso, nella caserma di Asso (Como), dove prestava servizio, il suo comandante, il luogotenente Doriano Furceri, 58, anche lui sposato, anche lui con tre figli. La ricostruzione dei fatti raccontata nell’immediato è sostanzialmente confermata: Milia, ha sparato tre colpi di pistola (stando ad alcune testimonianze raccolte), ferendo a morte Furceri. Dopodiché si è barricato in caserma per tutta la notte. Poi, ieri mattina alle 6, un blitz del Gis (Gruppo di intervento speciale) dei Carabinieri, ha messo fine alla paura degli ostaggi, liberandoli tutti e prendendo in custodia il loro collega. Nel corso dell’irruzione, però, un proiettile partito dalla pistola di Milia ha colpito alla gamba una ”testa di cuoio” del Gis: 20 giorni di prognosi. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha scritto al Comandante Generale dell’Arma Teo Luzi: “Sono rattristato per i tragici fatti della stazione dei Carabinieri di Asso. Nell’esprimere vicinanza all’’Arma, la prego di far giungere i miei sentimenti di cordoglio ai famigliari del Luogotenente Furceri e gli auguri di pronta guarigione al Carabiniere ferito”.
Le accuse in capo al brigadiere potrebbero essere quelle di omicidio, tentato omicidio, sequestro di persona. Oltre a una seria di reati previsti dal codice militare.
Tra le persone accorse sul posto, quando si è sparsa la notizia, sarebbe stato visto anche il suo vecchio comandante della stazione di Asso, il maresciallo Salvatore Melchiorre. Christian Bertossi, ex tenente dei Carabinieri, oggi titolare di una agenzia di investigazioni, la Be-Team security di Como, specializzata in processi penali, è un amico di Milia. È arrivato di corsa davanti alla caserma e accetta di parlare con Libero: “Ero a Como, mi sono precipitato ad Asso, dove abito, proprio a due passi dalla tragica scena del crimine. Mi offro per assistere il mio amico gratuitamente nella difesa tecnica e cercherò anche un avvocato che lo rappresenti. Sono molto sofferente: ho l’Arma nel sangue e nel cuore, un Carabiniere è morto perché lo ha ucciso una altro Carabiniere”. Bertossi rivela a Libero un dettaglio interessante. “Ho fatto di tutto per entrare a parlare con lui. Mi sono attivato con il mediatore. Ho mosso mari e monti. Avevo paura che potesse uccidersi. Lui sta male. Va curato. Ma non mi hanno autorizzato. Però sono riuscito a parlargli per telefono”. Cioè, lo ha sentito direttamente, mentre era dentro con gli ostaggi?”. “Sì, sì. Mi ha chiesto di continuare a essergli amico. Sono rimasto colpito dal suo tono tranquillo, durante la conversazione. Come se ci stessimo prendendo un caffè. Comunque i Gis sono stati bravi: lo hanno preso vivo”. Il “vulnus” sarebbe da ricercare nel contrasto con il comandante della sua caserma, sullo di un profondo disagio psicologico. Milla, infatti, era stato sospeso dal servizio per motivi psichiatrici in concomitanza con l’arrivo di Furcieri, che sarebbe stato trasferito da Bellano ad Asso, “per incompatibilità ambientale”. Il provvedimento di sospensione “per motivi psichiatrici” era stato preso dal comando di Como, allarmato da comportamenti suicidari, probabilmente scaturiti da questioni personali e non strettamente di lavoro. A questo erano seguiti un ricovero nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Fermo della Battaglia e una lunga convalescenza. Al termine della quale la commissione medica di Milano ha autorizzato il rientro in caserma “senza alcuna limitazione”. Ma la vittima non era d’accordo. Non voleva che il brigadiere Antonio Milia tornasse in servizio attivo.
Marco Gregoretti