Inquirenti e investigatori non volevano crederci. Eppure quelle segnalazioni ricevute in caserma, fatte dalla direzione sanitaria del plesso ospedaliero di Saronno, esattamente due anni fa, nel novembre del 2020, non lasciavano dubbi. Tangenti al personale della camera mortuaria per spingere i famigliari dei deceduti a scegliere quella determinata società per organizzare il funerale, la pulizia, la vestizione e la sepoltura. Si era arrivati a un punto di cinismo tale che “alcuni addetti all’obitorio dell’ospedale di Saronno hanno ricevuto mazzette da un’azienda di pompe funebri per consentire ai parenti di vedere i congiunti morti di covid-19”. In quel periodo erano ancora in vigore le norme previste dai Dpcm che stabilivano i divieti. Non si finisce mai di soffrire. La Procura della Repubblica di Busto Arsizio ha chiesto e ottenuto dieci provvedimenti con un’ordinanza emessa dal Gip Tiziana Landoni nei confronti di altrettante persone. Sono stati eseguiti ieri mattina, lunedì 28 novembre, dai Carabinieri di Saronno: un arresto in carcere, uno ai domiciliari, due divieti di esercizio di professione medica, quattro per l’esercizio di attività di impresario funebre, due sospensioni dalle mansioni presso l’obitorio, con l’aggiunta della proibizione di stipulare contratti di lavoro con la pubblica amministrazione. Nell’inchiesta sono, per ora, coinvolti quattro imprenditori, oltre a medici e dipendenti dell’ospedale di Saronno. L’elenco dei reati contestati è lungo come un lenzuolo: corruzione di incaricato di pubblico servizio, peculato, furto, truffa, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. Le indagini su questa tipologia di schifo, di cui altre volte si è avuto sentore, si sono svolte con un mix di tecnologie e di vecchi sistemi: intercettazioni telefoniche, video, analisi di documenti e defatiganti pedinamenti. I Carabinieri hanno potuto consegnare al pm riscontri abbondanti sui passaggi di danaro tra almeno quattro titolari di agenzie funebri e alcuni dipendenti (uno di loro è quello finito in carcere) con le finalità di violare le norme anti covid e “incoraggiare” la scelte dei famigliari di chi aveva perso la vita su chi dovesse svolgere i vari servizi.
“Purtroppo” confida a Libero un impresario funebre dell’hinterland milanese “la corruzione intorno al caro estinto è uno sporco affare che esiste da sempre. E riguarda soprattutto le società più grandi, perché hanno bisogno di realizzare fatturati importanti, altrimenti falliscono. Quindi significa almeno 30 o 40 funerali al mese. Per accaparrarseli corrompono alcuni infermieri, che, oltre a spingere sui clienti, che avvicinano quando si trovano nella camera mortuaria, passano informazioni all’impresa sullo stato finanziario e su quello psicologico, in quel dato momento, dei parenti dei deceduti”. Una giungla disumana che ha trasformato in un business senza esclusione di colpi l’ultimo viaggio delle 14 mila persone che muoiono ogni anno a Milano. “Ai dipendenti delle onoranze funebri” continua l’agghiacciante racconto a Libero dell’imprenditore “sarebbe proibito nel modo più assoluto di entrare in ospedale. Invece, con la compiacenza procurata dalla tangente, questo divieto viene aggirato”. Ma leggete che cosa ci dice ancora: “Il cliente, probabilmente stordito dalla perdita, non si accorge neanche che in realtà è lui stesso a pagare la stecca. La società di pompe funebri, infatti, gliela carica sotto mentite spoglie. Inventandosi spese aggiuntive, tipo i fiori e le maniglie dei sarcofaghi, o, addirittura, facendo passare per bare costose quelle a basso prezzo prodotte in Romania. Per fare un esempio: un funerale che costa 3500 euro, lo fanno lievitare a volte, fino a 16mila”. Come dice l’algoritmo? Post muto! Che commento fare, d’altronde, per non beccarsi una querela.
Intercettando e indagando, i Carabinieri di Saronno hanno scoperto anche altri reati collaterali e collegati, finiti nel fascicolo del Tribunale di Busto Arsizio. Due medici di base, che lavoravano in un ambulatorio pubblico, avevano più volte certificato in maniera mendace malattie a dipendenti pubblici e privati. Tra i beneficiari di queste false attestazioni anche una addetta dell’obitorio dell’ospedale di Saronno, ora agli arresti domiciliari. Con lodevole faccia tosta la signora, durante i permessi di malattia, lavorava con mansioni da impiegata, proprio nella struttura dei due medici che le avevano fornito i certificati bugiardi.
Non è ancora finita: gli investigatori hanno anche beccato due dipendenti che si erano inguattati materiali sanitari e per la pulizia, per poi, come si legge nel verbale, “cederli a terzi”. Per fortuna che a Saronno c‘è anche l’amaretto.
Marco Gregoretti