Il sette luglio 2005 stavo preparando un’inchiesta sui finanziamenti che, passando dalla Moschea di via Quaranta, a Milano e da alcune macellerie islamiche, arrivavano nelle casse di Al Qaeda e dei suoi satelliti. Mi interruppi perché arrivò la notizia delle bombe in metropolitana e sui bus di Londra: 56 morti, si disse, e 700 feriti. Ma alcuni fonti mi parlarono di numeri molto più drammaticamente pesanti. Chiamai subito El Lobo, che in quel periodo era ritenuto l’agente segreto più preparato in questioni di terrorismo internazionale. Gli dissi che sarei partito per Madrid, dove generalmente ci incontravamo. Mi rispose che si trovava in missione da qualche parte e che comunque, mi avrebbe mandato una mail. Lo fece, come sempre, puntuale. Ecco una parte di quel testo, Che, comunque, trovate anche in altri articoli del mio blog.
“A proposito di quello che in hai chiesto. Già nel giugno 2003 vidi davanti ai miei occhi una riunione tra un “renegade” della Cia, un uomo di colore e pedinatore di Abdul Rakham negli Stati Uniti (sebbene in contrasto con lui per questioni di potere insieme ad Atta (uno degli attentatori dell’11 settembre 2001 ndr) e altri due personaggi); un tedesco, il classico uomo della Germania orientale Yun Sirio. Erano tutti riuniti a Madrid, nel café Gijon del Paseo della Castellana. Avevo già ottenuto una rivelazione di quello che poi sarebbe successo e poi successe: però tu sai che le cose cambiano, la lotta per il potere è terribile e a me queste cose non interessano, a meno che non c’entrino con la mia missione”. È chiaro che dovette scriverla in fretta e furia in una lingua che non è la sua. Ma, il senso è piuttosto evidente: lo sapevamo. Ce l’aspettavamo. El Lobo considerava il terrorismo islamico la guerra interminabile del 21 secolo. Ora sembra finita. O è semplicemente in stand by?
In quegli anni il mio impegno giornalistico sulle questioni della “guerra all’Occidente” era stringente e, penso, di aver corso anche qualche rischio. Sicuramente subii uno strano furto. Rubarono poco o nulla, ma trovai tutte le carte e tutti i documenti, in studio, per aria. Il mio disordine, però, è il mio lucchetto: non riuscirono a trovare quel che cercavano. Forse le intercettazioni ambientali nella Moschea di via Quaranta che raccontavano in modo esplicito che l’Imam Abu Omar stava preparando un attentato al Duomo di Milano, o, magari, la documentazione che avevo raccolto sulla extraordinary rendition dello stesso Abu Omar o, ancora, il video degli ultimi giorni di vita di Fabrizio Quattrocchi.Ma c’erano anche le piantine di Linate e dell’Idroscalo dove, secondo, il famoso Dssa (Dipartimento studi strategici antiterrorismo)poi assurto alle cronache giudiziarie con l’accusa di essere una sorta di polizia parallela, si stava per verificare un attentato. I vertici dell’ente finirono nei guai, ma fecero in tempo a informare Sisde, Sismi e i Carabinieri del Ros
Marco Gregoretti
LE PIANTINE ELABORATE DA CHI INVESTIGAVA SULLA PRESENZA DI AL QAEDA IN ITALIA, IPOTIZZANDO UN ATTENTATO TERRORISTICO ALL’AEROPORTO MILANESE DI LINATE
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