Archivio di Greg. L’uomo dei tanti misteri/1. Nel 2005 Gaetano Saya mi diceva: “Io so chi ha ucciso Ilaria Alpi”. Agente segreto o agente provocatore? Ecco la prima puntata di una short Saya’s story. Qui conta anche i soldi (Video)

Gaetano Saya
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Breve viaggio, tra articoli, foto e short video, nella pirotecnica escalation di Gaetano Saya, agente segreto, agente provocatore, antiterrorista, depositario di alcune verità scottanti che lo hanno visto partecipe sul campo. Dall’uccisione di Giorgiana Masi a quella di Ilaria Alpi. Ecco, in questa prima puntata, come si raccontava quando lo intervistai, di notte, di nascosto, chiusi nel bagno di casa sua, mentre era agli arresti domiciliari per la vicenda della cosiddetta polizia parallela. Era l’estate del 2005. E facevamo ancora i giornalisti.
M.G.

Maria Antonietta Cannizzaro, moglie di Gaetano Saya

Una pizzeria nel centro di Firenze. Una saletta tenuta riservata perché la cliente é amica del gestore. L’incontro con Maria Antonietta Cannizzaro, moglie di Gaetano Saya, 49 anni messinese, capo del Dssa, Dipartimento studi strategici antiterrorismo finito in una bufera giudiziaria, avviene una calda serata di fine luglio. A cena. «È tutto un attacco politico contro il nuovo Msi», dice la signora «davamo fastidio». Lasciamo perdere la politica. Il Dssa, che cos’é? Chi é davvero suo marito? «Guardi, l’ho detto anche agli altri giornalisti, tutti sapevano del Dssa: ministri, servizi segreti…Solo che dovrebbe parlare con mio marito io non so niente di più». Già. E che fa un giornalista? Cerca di andare dritto alla fonte. I memoriali tramite moglie non bastano. Insomma, non so bene neanche io come, fatto sta che alle undici e mezza di sera mi trovo nel bagno di casa Saya. E ci resto, seduto sul bidet, fino alle tre e mezzo del mattino. Con un registratore acceso. Alquanto incredulo nel sentire il fiume in piena di una persona per nulla preoccupata di essere agli arresti domiciliari. Parla di tutto: del Dssa, di se stesso, e del suo passato e di certe operazioni speciali. Racconta di Giorgiana Masi (la studentessa uccisa dalla polizia a Roma il 12 maggio 1977 durante una manifestazione non autorizzata) e di Carlo Giuliani (il giovane ucciso a Genova il 20 luglio 2001 durante il G8), di Aldo Moro e di Nicola Calipari. Quello che segue é lo sbobinamento integrale di una cassetta registrata in una notte di luglio.

Una recente immagine di Gaetano Saya

«Siamo più di 300»
«Stavano completando un rapporto sui flussi di denaro che dai call center, le macellerie islamiche, con la complicità di funzionari e avvocati, finivano nelle tasche dei terroristi. Ancora: un carabiniere del Ros ci aveva portato uno studio scritto e studiato insieme ai suoi colleghi: interpretando elementi caratteristici dell’Islam, giungeva alla conclusione che il 7 luglio ci sarebbe stato un attentato tra La Manica e Londra. Quel rapporto ci é stato sequestrato. Gregoretti, lei mi prenderà per matto, ma con questa azione giudiziaria mi hanno fortificato». Il capo del Dssa, indossa un paio di calzoncini corti a disegni colorati. Apre tutti i rubinetti dell’acqua «per disturbare le eventuali microspie». Si risiede e abbassa la voce. «Noi avevamo gli infiltrati nelle moschee. Non ce li avevamo mandati così, senza che nessuno lo sapesse. E cosa fanno quelli adesso? Come la mettono con le moschee? Comunque la magistratura ne ha perquisiti e scoperti solo 21 di noi. Forse non ha voluto spingersi oltre. Ci hanno fermato proprio quando l’Ambasciata israeliana ci aveva chiesto una mano a monitorare la situazione a proposito di Hammas. Sono molto preoccupati per il riconoscimento politico che Hammas sta per avere in tutti i paesi europei. Vuole sapere quanti siamo? Ai magistrati ho detto 150. Invece, esclusi informatori, fiancheggiatori e agenti in nero, siamo 300 ufficialmente. Ci sono ufficiali dell’esercito, paracadutisti. C’é Luca Giannasi, informatore del Sismi ed ex parà dei carabinieri, c’é Christo Petrov, giornalista bulgaro accreditato alla stampa estera di Roma, agente del Kgb che fu sentito dal pm romano Antonio Marini a proposito dell’attentato al Papa. Petrov é un agente nostro. Gli uomini del Dssa avevano molta autonomia. Io autorizzavo le operazioni di monitoraggio. Ma poi non so tutto quello che facevano». Gli inquirenti dicono che siete dei truffatori o una polizia parallela. Voi rispondete che tutti sapevano: istituzioni, Sisde, Sismi…«Se fossimo soltanto dei truffatori avrebbero rilasciato interviste su di noi Andreotti e Cossiga? Facciamo azioni di monitoraggio in funzione di antiterrorismo islamico. Abbiamo mandato documenti e relazioni a tutti gli enti. Certo, ci muoviamo fuori dagli schemi, abbiamo gli infiltrati. Pensi che avevo arruolato un iraniano cugino di un hezbollah. Dalle intercettazioni si capisce. Quando si parla del turco, in realtà é un iraniano. Mi chiede del Sismi. Ma, guardi il Sismi é una sigla. Poi ci sono gli uomini del Sismi. Come il capo, Pollari. Io ho un suo bigliettino di auguri. Con una lettera lo informai: “Eccellenza, guardi, che il suo bigliettino sta facendo il giro d’Italia”. E lui cosa ha fatto? Ha mandato la mia riservata alla procura di Genova. Vuole spiegarmi una cosa poi? Ma cosa ci faceva un nostro uomo nella sede coperta del Sismi, a Roma in via Mantova? Insomma, il Sismi ci dava l’appoggio.» Il Servizio segreto militare secondo Saya non solo sapeva, ma collaborava con il Dssa. «Le sembra strano? E che mi dice del fatto che un mese e mezzo prima il Sismi ci disse che avremmo avuto le perquisizioni? (In effetti dalle intercettazioni si evince chiaramente che Saja e alcuni suoi interlocutori sapevano di essere intercettati, ndr). Mi chiedo come mai, come mai certe intercettazioni non sono saltate fuori. Ad esempio quella in cui parlo di Giorgiana Masi. Io c’ero quel giorno sul ponte dove é morta. Io so chi ha sparato».
Gaetano Saya nel 2015. Dice “Eravamo l’unità fantasma in black operation tra Siria e Kurdistan durante la guerra al Califatto. Cercavamo il Califfo Abu Al Bagdadi”

Abu Al Baghdadi. Wanted

«Io, agente provocatore»
Saya qui apre il capitolo che spiega chi é, chi era e cosa ha fatto. Da Giorgiana Masi a Carlo Giuliani. «Gregoretti, perché non si informa sulle pallottolle subsoniche che usavano in Somalia? (Proiettili che viaggiano a una velocità inferiore al suono. Sono più silenziose ma più devastanti. Ndr). Carlo Giuliani é stato ucciso da una pallottola subsonica sparata da un ufficiale che era in piazza Alimonda. Era insieme al suo vice. Tutti e due erano stati in Somalia. Ed erano al porto di Mogadiscio quando arrivò il cadavere della giornalista Ilaria Alpi. Il carabiniere Placanica ha sparato, ma non ha colpito Giuliani». Saya dice di saperle quelle cose. Così come dice di sapere che a Genova é successo di tutto. «Guardi, i black block non erano tutti black block. Io quelle operazioni le facevo più di 20 anni fa. I poliziotti in borghese dei reparti speciali si mettevano in fondo al corteo, lanciavano le sassate e le molotov contro i reparti schierati. Che caricavano. Nel frattempo noi andavamo dietro la polizia e caricavamo anche noi i manifestanti. Come quel 12 maggio della Masi. Erano gli anni del terrorismo. Rosso e nero. Non fa niente. Hanno ucciso Aldo Moro. E sono morti anche tutti i Carabinieri della sala ascolto del caso Moro. Quei giorni vanno riscritti. Io c’ero dal primo minuto all’ultimo minuto. Non capivamo neanche noi dei reparti speciali cosa stavamo facendo. Doppio triplo, quadruplo, quintuplo gioco… Ma hanno ammazzato anche poliziotti come Francesco Evangelisti, detto Serpico o come Maurizio Arnesano, 19 anni, ammazzato da un commando dei Nar di cui faceva parte anche il figlio di un giudice romano. Non ho pietà per i terroristi. Rossi, neri. Di ieri e di oggi.

Giorgiana Masi, uccisa a Roma il 12 maggio 1977

Il corpo senza vita di Carlo Giuliani ucciso a Genova il 20 luglio 2001

Ilaria Alpi, uccisa con Miran Hrovatin il 20 marzo 1994 a Mogadiscio

«Gli americani sanno anche quanti peli hai nel culo»
Vuole sapere di Abu Omar? (L’Imam che secondo la magistratura milanese é stato sequestrato da agenti americani, egiziani e forse italiani, ndr). Allora spenga il registratore». Lo riaccendo quando da Abu Omar passa alla morte di Nicola Calipari, il funzionario del Sismi ucciso a Baghdad il 4 marzo 2005 dopo aver preso in consegna Giuliana Sgrena, la giornalista del Manifesto rapita un mese prima. «Calipari é stato ucciso con il modulo Sniper Mammoth Pirate: Sniper é il cecchino che spara con un fucile di precisione, Mammoth sono quelli che sparano con armi pesanti, Pirate é quello che va a sparare il colpo di grazia. One shot, one kill. Nel caso di Calipari quando si sono avvicinati hanno visto che era già morto.

L’agente del Sismi Nicola Calipari, ucciso a Bagdad il 4 marzo 2005

Mi ha abbracciato, ha detto la Sgrena. In realtà era morto e le era caduto in braccio. Poi nessuno ha spiegato mai chi era il quarto uomo che viaggiava in macchina con loro. Era un iracheno e mi risulta che fosse rimasto gravemente ferito». Colpa degli americani, dunque? Eppure il capo del Dssa non smette mai di ripetere di essere filo americano. Aggiunge Saya: «Gli americani non erano contenti del fatto che Calipari trattasse sempre. Aveva trattato per la liberazione di Quattrocchi, Stefio, Agliana e Cupertino, liberati poi dal blitz. Aveva trattato per la restituzione del cadavere di Quattrocchi. Aveva trattato per le due Simona. Non doveva farlo per la Sgrena. Ma lo fece di nascosto. Ma gli americani con i satelliti sanno anche quanti peli hai nel culo ». È notte fonda e lui non smette di parlare. Sottolinea più volte che tutti sapevano, che aveva «incontrato Berlusconi che ci aveva dirottato su Letta», che i suoi rapporti con gli americani «sono di lunga data e coinvolgono anche la mia famiglia» e che con Israele «le relazioni erano a un passo da qualcosa di clamoroso. E per questo ci hanno fermato». Ma in mezzo a un mare di notizie, di retroscena, situazioni vere e verosimili, resta ancora una domanda: chi é davvero Gaetano Saya?
SAYA CONTA I SOLDI. SCHERZA O FA SUL SERIO?


Marco Gregoretti