Purtroppo il mistero è durato poco. Avremmo preferito metterci qualche giorno in più e fare lo scoop per scoprire che era scappato alle Maldive. Invece Don Mbaihornom Donatien, 30 anni, il sacerdote africano del Ciad, è stato trovato senza vita dal guardiano del cimitero di Cormano, nell’hinterland milanese, mercoledì mattina, quando ancora tutti ci stavamo chiedendo perché non si sapesse più nulla di lui dalla notte del 18 settembre. I Carabinieri non hanno dubbi: “Si tratta di un gesto volontario”. Ovvero: si è suicidato. “I colleghi andati sul posto” dicono alla Sala stampa dei Carabinieri “hanno fatto tutti gli accertamenti. Tecnici e no. È certo: si è tolto la vita”. Il cadavere della vittima, a quanto si è appreso, era all’esterno del cimitero, vicino alla cancellata, intorno al collo stringevano la cintura e un maglione. Questa circostanza, insieme alla posizione del cadavere, sarebbero le prove “tecniche” del fatto che si sia tolto la vita. Ma ci sarebbe dell’altro: i militari dell’Arma, infatti, stanno scandagliando anche il “privato”, i rapporti, i movimenti del religioso morto. A caccia, probabilmente, delle motivazioni che potrebbero averlo spinto al gesto estremo. “Se si esce dall’assetto ordinario, i comportamenti possono essere convulsi” dice a Libero una persona a conoscenza di questa storia e del suo drammatico epilogo. È l’unica traccia che abbiamo: se si esce dall’ordinario… Ma che cosa significa? Che cosa c’era di “fuori dagli schemi” nella vita di Donatein. Per la Chiesa un prete che era partito da Locarno, in Svizzera, dopo una breve vacanza, con destinazione l’Università Pontificia di Roma, dove avrebbe dovuto frequentare un ciclo di studi. Quale forza oscura l’avrebbe spinto fino a Cormano. Fino al cimitero di Cormano? Si è suicidato in quel luogo di anime morte? E perché proprio lì? Oppure qualcuno ce lo ha portato già privo di vita, ipotesi che aprirebbe mille inquietanti scenari?
Tante altre domande pone la fine maledetta di Donatein. Anche se, paradossalmente, tutto ruota intorno alle risposte che mancano, che non si trovano. A partire da un fatto difficile da spiegare: mentre ieri, quando, su segnalazione dell’associazione Penelope Lombardia, che si occupa di persone scomparse, in tanti lo stavano cercando, anche i cronisti, gli investigatori e gli inquirenti, in realtà, già dalla mattina si ponevano domande davanti al cadavere del poveretto. Eppure al telefono facevano gli gnorri: neanche il nome dell’avvocato che aveva presentato la denuncia della scomparsa si riusciva ad avere. Per forza: sapevano già, dalla mattina, come era andata a finire. Da quando il guardiano del cimitero di Cormano aveva dato l’allarme. “Chiunque abbia notizie utili per il ritrovamento del sacerdote si metta in contatto con Penelope al n° di telefono…”, era il mantra dell’altro ieri. Ma utili a che cosa?
Interpellata al telefono da Libero la responsabile di Penelope Lombardia spiega così “la doppia verità” di mercoledì: “A noi nessuno aveva detto che era stato trovato il cadavere di Donatein. Probabilmente perché ancora non erano sicuri che il corpo senza vita trovato all’esterno del cimitero di Cormano fosse quello del sacerdote scomparso dal 18 settembre scorso”. Questa ipotesi troverebbe riscontro nel fatto che lo stato del corpo non rendesse facile il riconoscimento, di primo acchito. Il che vuole dire, però, anche, che gli inquirenti stiano cercando di stabilire una data certa della morte. In effetti, assicurano i Carabinieri “Il cadavere è stato trasportato all’Istituto di medicina legale di Milano per gli esami autoptici”. L’ autopsia è stata disposta da Alessia Menegazzo, il pm che coordina le indagini, proprio per risalire al momento preciso in cui il sacerdote africano si sarebbe tolto la vita. È, quindi, assai probabile che, nei prossimi giorni, vengano convocate le persone che avrebbero testimoniato di aver visto la vittima in vita, a Milano, lunedì 19 e martedì 20 settembre.
Però, consentiteci, sarà perché di mezzo ci sono pudori ecclesiastici, ma di questa triste vicenda si capisce sempre meno. Ora Penelope, al telefono con Libero, ha anche smentito una notizia che era data per certa, riportata questa mattina da una agenzia di stampa, secondo la quale gli effetti personali della vittima sarebbero stati rinvenuti in una abitazione privata di Milano. “Non è vero per nulla” dicono da Penelope “E lo abbiamo segnalato anche all’avvocato che ha presentato la denuncia della scomparsa del sacerdote (Avvocato che continua a essere l’uomo misterioso Ndr)”. E allora, dove li hanno trovati? “Eh no! Questa non è una notizia interessante… Insomma non lo diciamo”. Il fatto è che a forza di non dire, possiamo pensare qualsiasi cosa. Per esempio che non ci torna del tutto il fatto che uno vada fino al cimitero di Cormano per impiccarsi alle inferriate esterne. Quanto meno ci chiediamo: e perché?
Marco Gregoretti