Elezioni di domenica 25 settembre 2022. Tra caos, approssimazione e furbetti. La mia notte all’hub di Rho Fiera per lo scrutinio dei voti degli italiani all’estero raccontata per Libero di martedì 27 settembre 2022

Elezioni di domenica 25 settembre 2022. Notte di scrutini nell'hub di Rho Fiera. La pagine dell'articolo che ho scritto per Libero di martedì 27 settembre 2022
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Confesso che da cronista che legge e che ha scritto di brogli, di voti di scambio e di simili amenità, ho sempre avuto una curiosità :”Che cosa succede durante lo scrutinio delle schede elettorali? Qualcuno mi rende invisibile, che vado a vedere?”. La telefonata della mia amica Tizi arriva a fagiolo. “Greg, dai, mi accompagni domenica sera allo scrutinio dei voti esteri, nell’hub di Rho Fiera (Gli altri due erano a Bologna e a Firenze Ndr) Anzi, ti faccio mettere come rappresentante di lista. Ed entri…”. Ciumbia! “Ci vediamo alle 21 e facciamo a ‘nuttata”. Avete presente l’approssimazione, il “ognuno a modo suo”, la totale mancanza di controlli su chi si muove tra i seggi? Ora ve lo spiego.
Il padiglione 20 della Fiera nuova è al primo piano. Per raggiungerlo, dopo aver superato al cancello di ingresso la vigilanza privata che non mi vuole fare entrare “se lei non ha la delega”, anche se nessuna delega è prevista, ma poi delega de che? mica è un congresso, bisogna percorrere un lungo corridoio esterno a tapis roulant, prendere le scale mobili e…
Lo scenario davanti a me, domenica 25 settembre, la sera, mi ricordava una sequenza del film Banana Joe, quando Bud Spenser combatteva la sua battaglia contro la burocrazia sudamericana. Uno stanzone enorme, appunto il padiglione 20, 359 tavoli (i seggi) con sei persone, 2154 in tutto, da aggiungere ai rappresentanti di lista, 2,3, 4, 5, 6 per partito, e una media di 500 schede da scrutinare a postazione. Tutto a mano. Scatoloni, penne fogli, verbali. Arrivano i voti: Albania, Andorra, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Spagna, Ucraina. Computer? Neanche uno, a parte qualche portatile privato. La famosa Italia 4.0 di Carlo Calenda. Eccola qua.
“Tizi” dico io “E secondo te io dovrei controllare che non ci siano imbrogli in questa Pianura Padana sconfinata con un vociare che neanche una Babele. “Eh sì, Greg. Ti toccano 20 seggi”. “Eh?” “Sì, sì, vieni con me che devi firmare: “Firmare?”. Mica mi aveva detto niente la Tizi! E qui comincia il primo viaggio dell’assurdo: io avrei dovuto mettere una quarantina di firme per ogni seggio. Quanto fa 20 per 40? 800. Ottocento firme, ma no dai, Tizi ma che scherzo mi hai fatto. Mi salva l’orario: alle 23, inizio dello spoglio, ne avevo fatte 160, quindi quattro tavoli: il 7, l’8, il 118 e il 123
Gli scrutatori, i presidenti e i segretari sono quasi tutti giovani, giovanissimi. Il primo che impatto, poco più che venticinquenne, ma decisamente sul pezzo, mi spiega dove devo firmare. Io mi guardo spaesato intorno, e gli dico: “Ma qua più che brogli non si capisce nulla. Come fate? Siete sepolti di carta e cartoni su questi tavolini. “ “Ha ragione…Finché continueremo a votare così non ne usciremo”. Becco il seggio di ragazze. Una è attratta dai miei occhiali che si chiudono e diventano piccoli . “Guardi non posso regalarglieli. Ho solo questi”. “La sua collega, trulla trulla, mi dice: “Siamo nuove. È la prima volta per tutte….”. Mi sposto vero un tavolo limitrofo. Arriva il verbale da firmare, ma vedo che nella prima riga c’è già un’altra sigla. Di chi è? Non c’è alcun nome vicino. “Ah sì, è venuto uno, ci ha detto che poi avrebbe portato il documento. Ci siano fidati perché è del partito…”. “Ma non è della mia lista, che ci fa qui la sua firma?” Alle 22,59, un minuto prima dell’ora x, alcuni scrutatori cominciano, stufi di stare lì, ad aprire le buste. Alle 23 in punto un “Evviva!!!” annuncia che lo spoglio può iniziare
Di fronte all’uscita 20 F una presidente è alle prese con un rappresentante di lista nato sotto il segno del noioso. Contesta la scheda del bibitaro “va assolutamente annullata”. Perché? “Perché l’elettore ha messo il nome del candidato, quindi lo ha fatto per farsi riconoscere” “Eh??? Mica ha scritto il proprio nome e cognome. Ha indicato lo stesso contenuto nel simbolo della lista. Quindi la sua intenzione di voto è precisa, netta. Per me è valida”. Mentre assisto penso: “Speriamo che non vada al seggio delle ragazze, sennò chiede l’invalidazione della metà delle schede”.
Intanto alle mie spalle si alzano i toni: “Questa scheda non è valida! Non vede che la croce è fuori dal simbolo?”. Come una miriade di altre. Quindi è ok. Il fatto è che il contestatore non rsultava registrato da nessuna parte. Insomma non era un rappresentante di lista e non poteva stare lì.
Tutto, dunque, è affidato alla iniziativa e alla interpretazione di ruolo, di leggi e di regole, dei singoli presidenti, segretari e scrutatori. Sia nell’attribuzione dei voti che nel metodo per contarli e per suddividerli. Chi mette le figurine delle liste, chi nulla, chi fa un gran casino…
La Tizi mi fa: “Guarda qui Greg!”. Almeno 30 schede di una lista riportano il nome del candidato scritto con la stessa calligrafia e dalla stessa penna. Mi stropiccio gli occhi. Mi viene anche da ridere. La presidente le annulla tutte. Dando inizio a un film tra il comico e il minatorio. Vado a cercare i due agenti di polizia a cui espongo la faccenda. Mi mandano nell’ufficio della Prefettura montato ad hoc, il cui impiegato mi rimbalza al banchetto della Corte d’appello. Dove, un gentile funzionario, mi fa :” Sì, lo so. Ma che cosa possiamo farci? È il punto debole di questo modo di votare”. Quindi, dico a me stesso, imbroglio con sigillo istituzionale “ Mi scusi” ribatto timidamente “Ma a me sembra quantomeno scorretto nei confronti di chi vota davvero”. “Sì lo so” risponde “la sua è una posizione difficile (non capisco si riferiva al fatto o al pins della lista che rappresentavo). Faccia decidere a chi presiede il seggio”. Percorro la maratona di rientro alla postazione per riferire. Ma quando arrivo vedo la Tizi seduta, tre rappresentanti di lista in piedi e un gruppo di persone poco amichevoli rivolgersi con toni sopra le righe alla signora presidente. Urge chiamare i due agenti. Che questa volta si presentano. La presidente, che non molla, chiede che vengano identificati i soggetti: “Per essere tranquilla, di mezzo c’è la mia incolumità”. Uno di loro si stacca dal gruppetto e mi sussurra qualcosa all’orecchio, che qui non ripeto. La diatribe si chiude (per il momento) con le schede annullate e l’arrivo di un altro supporter della lista e del candidato che spiattella lì un: “C’è un perito calligrafico?”. Gli rispondo io: “Quando ci sarà il processo lo chiamerà il giudice”. Voleva essere una battuta, la mia. Ma lui mi guarda e mi dice: “Giusto, ha ragione” . Nota bene: soltanto il rappresentante di quella lista avrebbe potuto stare lì e interloquire con noi. Il finale: su Google ho trovato la foto del candidato scritto con la stessa calligrafia per almeno 30 volte e mi sono accorto che è stato sempre lì, a due passi da me…
Marco Gregoretti