La ragazza di 25 anni, che poi sarebbe risultata positiva al test di alcol e droga, ha provato a coprirlo prendendosi la colpa dell’incidente. Ma non ha convinto nessuno. Così alle sette di ieri mattina Giuseppe d’Amico, 29 anni, palermitano è stato rintracciato dai vigili urbani a casa sua, in via Depretis, fortemente sospettato di aver investito, di notte, alle tre, in viale Famagosta, Juan Carlos Quinga Guevara 33 anni, ecuadoreno, che, in piedi sul monopattino elettrico, stava tornando a Pero, dove abitava, alla fine di una giornata di lavoro. Per la vittima non c’è stato niente da fare, nonostante l’intervento tempestivo del 118, arrivato sul posto con un’auto medica e un’autoambulanza con cui è stato trasportato in codice rosso al Policlinico. Sulla dinamica sono ancora in corso gli accertamenti della Polizia locale, a cui è stata affidata la ricostruzione. Appare, comunque, confermata l’ipotesi che Guevara, all’angolo tra via Beldiletto e viale Famagosta, sia stato travolto (le cause non sono ancora chiare) dall’auto, risultata noleggiata a lungo termine e guidata da D’amico. Che, dopo l’impatto, invece di prestare soccorso sarebbe scappato a piedi. Non solo: il presunto investitore non avrebbe dovuto essere lì in quel momento e, soprattutto, non poteva guidare: la patente gli era stata revocata perché quattro anni fa era andato a sbattere contro una macchina urtando un pedone e, un vizio questo, dandosela a gambe. D’Amico era ancora in affidamento ai servizi sociali e non sarebbe potuto uscire da casa tra le 22 e le sei del mattino. Fino al 2020, inoltre , aveva avuto l’obbligo di firma presso la caserma dei Carabinieri della Barona. Le disposizioni restrittive nei suoi confronti erano scattate a causa di alcuni reati: furti, detenzione di dispositivi atti a offendere, compiuti non solo in Lombardia. Invece D’Amico ieri sera, nella città che secondo il sindaco Giuseppe Sala è la più sicura d’Italia e che l’unico problema che ha sono i divieti di sosta, sarebbe uscito e, insieme alla sua amica, avrebbe passato un bel pezzo della nottata, in un locale.
L’escalation di incidenti stradali nella città, dove, oltre a morire sotto un auto guidata da un pregiudicato che poi scappa, ti rapinano per strada, ti borseggiano in metropolitana, ti aggrediscono per rubarti un telefonino accoltellandoti o spaccandoti la bottiglia di birra in testa, ti sparano nei bar, ti offrono qualsiasi tipo di droga anche al parco giochi o mentre vai a prendere il treno, ormai fornisce dati impressionanti. Secondo l’osservatorio Asaps (Associazione Sostenitori e Amici Polizia Stradale), che ha contato, dal 2020 al 2022, 26 vittime in Italia tra chi guidava il monopattino, il giovane ecuadoreno sarebbe il primo del 2023, a Milano. Intanto Areu (Agenzia regionale emergenza urgenza) rileva che dal 1 giugno 2020 a oggi in città ci sono state 31107 richieste di soccorso per incidenti stradali, di questi 1927 hanno riguardato “micro mobilità elettrica”, con 16 persone in codice rosso.
La morte di Juan Carlos Quinga Guevara riaccende anche i riflettori sulla necessità di introdurre regole che mettano ordine all’utilizzo dei monopattini elettrici come abituale mezzo di trasporto nel traffico cittadino. Soprattutto da più parti viene puntato l’indice verso l’amministrazione civica meneghina, ritenuta colpevole di sottovalutare il tema della sicurezza dei cittadini a favore di una visione astratta anche della viabilità. “L’automobilista che ha investito il 30enne in monopattino la scorsa notte in zona Famagosta aveva precedenti penali e la patente già revocata per un episodio analogo”, ha detto, fresco fresco di rinomina, l’assessore alla sicurezza della Regione Lombardia Romano La Russa, Fratelli d’Italia. Che ha aggiunto: ”Vorrei chiedere al sindaco Sala se, anche di fronte a questo gravissimo omicidio stradale, ritenga che non ci sia un’emergenza sicurezza, come ha recentemente dichiarato”. La Russa se la prende anche con le regole di ingaggio che vengono imposte alla Polizia locale: “Troppo facile” conclude, infatti “lasciare che si occupi soltanto delle multe, per fare cassa, e non del controllo del territorio e della sicurezza dei milanesi. A tutt’oggi, in una zona difficile come quella della Stazione Centrale, non si vede una macchina della polizia locale. Lo stesso vale per la zona della Movida”. Quattro giorni fa abbiamo scritto del macello di via Cagni, dopo i cinque accoltellamenti vi abbiamo proposto l’inchiesta sul Bronx nella zona della stazione centrale, ieri l’articolo sulla violenza del quartiere Corvetto. Oggi tocca alla vittima stradale. Forse il Comune dovrebbe mettere mano a questa faccenda, sennò i fischi sfonderanno i timpani delle orecchie del primo cittadino di Milano. Prima che altri si facciano male.
Marco Gregoretti