Un’altra notte di tregenda tra domenica 5 marzo e ieri mattina, lunedì 6. Botte, spintoni, blitz di poveri contro poveri, polizia in tenuta antisommossa. E un ragazzo maghrebino di 19 anni trasportato dal 118 in codice verde a Sesto Sa Giovanni, perché si è fatto male quando una transenna di contenimento ha dato il giro. In via Cagni e nelle aree limitrofe, non si contano più le giornate di tensione, di freddo, di attesa snervante e disumana per i richiedenti asilo in coda davanti alla caserma Annarumma, dove, comunque non si rilasciano permessi di soggiorno, ma anche per il personale della Questura che, con carichi sovrumani, deve finalizzare decine di pratiche in un giorno. Improvvisamente se n’è accorta l’agenda della politica locale. Che ha deciso di cavalcare l’onda. Al punto che perfino i consiglieri del Municipio 9 sono scesi in strada. L’altra notte la Commissione welfare, sicurezza ed educazione della municipalità ha deciso di fare un sopralluogo per vedere con gli occhi, sentire con le orecchie e toccare con mano. All’iniziativa ha partecipato anche Lamberto Bertolè, assessore alle politiche sociali del Comune di Milano. Bertolè ha confermato quanto aveva sostenuto nell’intervista rilasciata a Libero lo scorso mercoledì 22 febbraio e, cioè, che è tutta colpa della Bossi-Fini e che la Questura dovrebbe disporre di più personale dedicato. “Eravamo davvero tanti in via Cagni” ha detto Bertolè al termine del sopralluogo: “Chi è in fila per i documenti credo che ci chieda di cambiare profondamente le norme sull’immigrazione del nostro Paese. Servono più razionalità e meno ipocrisia e ideologia. E, poi, nel frattempo, occorre dotare le Questure di un numero congruo di mediatori e di operatori per fissare più colloqui e non costringere ad attese così lunghe”. Ci sta. Però, visto che, proprio con Libero, Bertolè si è speso per una sinergia con la Questura e con la Prefettura, forse anche un paio di parole di sostegno a chi deve smazzarsi in quelle condizioni il lavoro burocratico negli uffici di via Cagni, saltando i turni di riposo domenicale e creando di conseguenza problemi di disponibilità di agenti, avrebbero un senso. Il sospetto, infatti, al netto della saggia praticità di Bertolè, è che in realtà sia contemplata solo una delle possibili ideologie: quella che sta cercando di mettere sul banco degli imputati il governo, o meglio, una parte politica, e le forze dell’ordine. Per esempio, una domanda che anche i cittadini della zona si pongono, è a chi competa, in realtà, la gestione del territorio, non solo dal punto di vista dell’ordine pubblico. Davvero non vi sono altri assessori della giunta Sala che potrebbero spiegarlo? Sarebbe anche utile che qualcuno ci dicesse a che cosa serva, così come è stato congegnato, l’intervento della protezione civile del Comune: un tendone, un riscaldatore e un generatore di corrente all’interno del terzo reparto mobile. Non all’esterno, dunque, ma dentro la caserma! ”Boh” commenta un poliziotto. “Qui è un gran casino” dice a Libero un operatore della Protezione civile.
Dagli uffici della Questura arriva l‘indicazione del nuovo format che verrà applicato: la presentazione della documentazione non avverrà più il lunedì mattina, ma il martedì, ogni 15 giorni. “Contiamo così” spiega un agente “di evitare i bivacchi proprio nelle ore in cui siamo più impegnati in città per l’ordine pubblico, alle partite di calcio, agli eventi politici…”. Insomma, la questione via Cagni è assai complessa e tocca molti aspetti: politici, sociali, organizzativi, di ordine pubblico, di umanità… Ma, la strumentalizzazione no, non aiuta. Anzi, è assai divisiva. Per esempio quella delle associazioni che chiamano alla mobilitazione in strada, giovedì nove marzo alle 11, con un presidio in piazza San Babila, vicino agli uffici dell’UNHCR (l’Agenzia delle Nazioni Unite per la protezione dei rifugiati) a cui gli organizzatori hanno scritto illustrando “le condizioni inaccettabili delle persone in attesa in via Cagni”. I promotori della manifestazione propongono all’UNHCR di incontrare una delegazione di richiedenti asilo. Naturalmente, per gli agenti che si fanno il mazzo h 24 e che qualche volte si prendono anche le botte, nessuna menzione. Ah già è vero. Secondo le associazioni è tutta colpa della Questura di Milano perché “Da mesi sta rendendo impossibile e pericoloso l’accesso all’Ufficio Immigrazione alle persone che intendono chiedere protezione internazionale”. Ohhh, è così che si fa. È così che si risolvono i problemi tutti insieme.
Marco Gregoretti