Sono stati veloci come la luce. E meno male! Con la loro rapidità, quasi sicuramente, gli agenti della Polizia postale di Milano e di Roma, con la collaborazione del Cncpo (Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia on line) hanno evitato derive terrificanti.
Ieri mattina, sabato 15 ottobre, gli agenti hanno bussato alla porta della casa romana dove abita un uomo di 33 anni, che ora si trova nel carcere di Regina Coeli. Con un mandato fornito dalla Procura della Repubblica di Milano, sono entrati e hanno perquisito. Non ci hanno messo molto a scoprire quello che sospettavano di trovare. Anche se non si aspettavano che la visione del materiale rinvenuto fosse un pugno alla bocca dello stomaco così forte. Dai supporti elettronici, compreso lo smartphone utilizzato per fotografare e per riprendere, sono saltate fuori le immagini degli abusi sessuali ai quali l’uomo arrestato sottoponeva sua figlia, una bambina che non ha ancora compiuto due anni. Il secondo agghiacciante step è stato accertare che le foto e i video pedopornografici, realizzati interamente tra le mura domestiche, finissero in una rete di scambio tra pedofili, “una comunità internazionale”, come l’hanno definita ieri mattina in Questura. “L’operazione” spiegano gli investigatori “è stata molto complessa, ma occorreva agire in fretta. Partivamo svantaggiati perché quando sono iniziate le indagini non c’era contezza di alcuna pista da seguire”. La Polizia postale conosceva soltanto l’esistenza dei materiali pedopornografici e sapeva che dietro a un dedalo di nick name e di profili falsi si nascondeva un “pericoloso criminale”. Che bisognava assolutamente battere sul tempo. Senza sapere chi fosse. Dal briefing della Polizia postale di Milano è arrivato l’input: “Mettiamo in campo ogni mezzo a nostra disposizione. Dobbiamo fare in fretta”. Dopo 20 ore la svolta: gli ”agenti hacker”, hanno “confezionato, in tempi record, uno strumento informatico che ha permesso di superare il muro di anonimato dietro al quale si era barricato il padre della bambina”. A cui sono stati trovati anche gli account che usava per inviare e per richiedere materiale pedopornografico e per chattare con le giovani vittime. “Non solo” aggiungono gli investigatori “La perquisizione ha fatto emergere un adescamento sessuale nei confronti di un ragazzino di 15 anni”. Il riserbo su alcuni aspetti di questa indagine, per esempio da che cosa sia partita e come mai venga coordinata dalla Procura di Milano, fa pensare che non sia finita qui.
D’altronde quello della rete internazionale della pedopornografia è fenomeno molto diffuso e si costituisce come una vera e propria lobby, che si auto protegge. Per combatterla, seguendo l’esempio di Scotland Yard e dell’Fbi, oggi si ricorre spesso alla figura dell’ ”infiltrato on line”. Come quel poliziotto inglese che, in rete, si finse dodicenne e riuscì a fissare un appuntamento con un uomo di 60 anni, in un parcheggio di Manchester. Quando il pedofilo fu arrestato, gli perquisirono lo zainetto. Trovarono al suo interno manette, lubrificanti e falli di gomma. Queste cose succedono anche da noi. Ed è facilissimo cadere vittime di quell’orrore. “Non serve entrare nei meandri del dark web attraverso complicati software” racconta Federico Gazzola, un giovane cronista di Piacenza che ha recentemente svolto un’inchiesta sulla web-pedofilia “Semplicemente, navigando su Google, sono incappato dopo qualche ora in una sorta di archivio immagini, credo di origini russe, di bambini di otto o nove anni visibili a tutti. Con foto da far accapponare la pelle. Veri e propri set con nudi infantili, o foto scattate di nascosto al parco… Lascio perdere i dettagli. Ho il vomito”.
L’operazione congiunta che ha portato all’arresto del padre 33 enne di una bimba di neanche due, segna un passaggio importante perché fa capire a che livello siamo arrivati e quale sia lo sforzo investigativo per contrastare le pedopornografia in Italia. Dicono, allarmati, magistrati e poliziotti: “Una condotta così disumana di un genitore-orco non l’avevamo mai vista. Non erano mai stati accertati, in un singolo caso criminale, tutti i possibili reati previsti dal Codice penale in materia di sfruttamento dei minorenni per la produzione di materiale pornografico”. Speriamo che li arrestino tutti.
Marco Gregoretti
IL VIDEO DELLA POLIZIA POSTALE