Perché? Perché ho proposto al giornale di intervistare un superpoliziotto che si occupa di pedopornografia? Sapevo che sarei uscito dal suo ufficio operativo del Compartimento Postale di Milano, con il mal di pancia, con la tristezza nel cuore, con le lacrime trattenute a stento e con i pugni chiusi e stretti. Però che bello, alla fine, mentre aspettavo la “61” alla fermata di via Washington quel pensiero liberatorio: “Ho passato la mattinata con uno che ha salvato dei bambini e che ha mandato in galera degli orchi”. Rocco Nardulli, pugliese di Triggiano (Bari), 43 anni, una compagna dirigente della Polizia di Stato, pure lei, due figli piccoli di 5 e di 8 anni (!!!!), laurea in Giurisprudenza e Master in Scienze della scurezza, prima di diventare Commissario di Polizia si è fatto le ossa “telematiche” in un importante gruppo italiano di telecomunicazioni. Quell’expertise, quella competenza in più, oggi che dirige l’infaticabile squadra di 20 agenti, uomini e donne che in Lombardia hanno come mission “salvare bambini e adolescenti dall’orrore”, gli da una marcia in più. D’altronde se la deve vedere con quel pezzo di umanità abbruttita da se stessa, ma anche astuta e protetta, che non ha limiti di appartenenza sociale e che non conosce pietà verso le vittime. Può trasformarle in oggetto di perversioni criminali fino all’indicibile. Fino alla fine di tutto. Il dato nazionale è da paura: Il Centro nazionale per il contrasto alla pedo pornografia on line (C.N.V.P.O) della Polizia postale, ha indagato in Italia 1463 persone e messo in black list 2622 siti. Ancora: ha trattato 323 casi di cyber bullismo: 17 ai danni di bambini tra 0 e 9 anni, 87 nella fascia 10-13 anni, e 219 subiti da ragazzi tra i 14 e i 17. Infine: 117 minorenni sono stati denunciati per cyberbullismo. “La situazione” avverte Rocco Nardulli “è di elevatissimo allarme sociale perché indica reati contro i bambini”-
Domanda. Dottor Nardulli, fino al 2016 lei si è occupato di ordine pubblico. Che cosa ha pensato quando ha aperto il vaso di Pandora della pedo pornografia?
Risposta La prima sorpresa è che contrariamente all’idea che avevo, e cioè che i materiali pedopornografici venissero prodotti all’estero, principalmente nei paesi dell’Est Europa, in Asia o in Sudamerica, ho scoperto che molte immagini e video erano, in realtà, fatti in casa, qui da noi. A due passi da Milano…
D: Può fare qualche esempio?
R Nel 2020, vicino a Como, scoprimmo uno zio che abusava e filmava la nipotina di cinque anni. Peraltro da quel caso si sono sviluppate altre situazioni per cui non posso andare troppo nel dettaglio. Anche a Lecco, una storia simile. Nel 2021, in Brianza, interrompemmo le violenze ai danni anche di neonati abusati e filmati
D E quelle nefandezze dove finivano?
R In rete, barattate all’interno della “comunità pedofila”. Tu mi dai quella foto, io ti giro questo video… Naturalmente più si alza il livello di perversione, più la violenza è “originale”, maggiore è il valore dell’immagine. E se, un adepto della rete ne vuole uno fatto in un certo modo, beh: “Se non ce l’hai fallo…”
D Ma che gente è questa?
R Nel 2020 portammo a termine un’operazione che chiamammo in codice Luna Park. Mi colpì la trasversalità: lo studente universitario, un senza tetto, fino all’affermatissimo professionista di Napoli…
D Magari ricco e potente
R Certo. E aveva dei nipotini. Cercava foto di abusi, anche cruenti, su bambini tra i 4 e i 10 anni
D Una curiosità: durante la pandemia si calmò il fenomeno?
R Al contrario. Ci fu un incremento. Perfino di video e immagini con rapporti sessuali completi versus bambini di 4 anni. A volte narcotizzati. Era il maggio del 2020, in pieno lockdown, quando arrestammo due coniugi che lo facevano. Lui è stato condannato a 12 anni. Lei a nove.
D Voi state h 24 con i computer accesi. Basta la tecnologia per contrastare la pedo pornografia? E, in genere, i pericoli che corrono i minorenni?
R È molto importante, certo. E abbiamo moduli e strumenti, di cui ovviamente, non posso parlare, assai efficaci. Non basta, però. Senza l’indagine tradizionale, come i pedinamenti
le intercettazioni, le analisi dei tabulati, sarebbe molto difficile. È proprio questa dotazione investigativa classica che, a volte, consente di avere l’intuizione per risolvere un caso. Tenga presente che i pedo criminali on line usano gli algoritmi anche per creare depistaggi. Per far cadere la colpa su qualcun altro… È successo. L’acume da poliziotto da strada ci ha aiutato a capirlo. E ad arrestare la persona giusta. Dobbiamo utilizzare il pensiero laterale. Essere un po’ nerd, un po’ Serpico, questa è la linea. Il lampo per scoprire il colletto bianco dell’operazione Luna Park, l’ho avuto una mattina, sotto la doccia. È vero, se si seguono le tracce telematiche si arriva a una sim. Ma poi, chi ci sarà in casa?
D Spesso nei telefilm polizieschi viene proposto il problema della scarsa collaborazione dei provider con gli investigatori. Succede davvero?
R Capita con Telegram e con Tik Tok. Mentre Google, Meta, Apple, Microsoft sono molto attenti e collaborativi. A volte sono i loro stessi uffici a segnalare che c’è qualche cosa di strano. Per esempio nel 2018, con l’operazione Ontario indagammo 40 persone. Ontario proprio perché fu una società di Ontario, in Canada, a segnalarci che Kik messenger (una sorta di whatsapp per ragazzi) veniva usata per finalità illegali che colpivano gli adolescenti. Per raggiungere l’obiettivo si ingegnano con qualsiasi strumento: adescamenti sono avvenuti anche attraverso video giochi
D Non mollate mai, per fortuna, voi
R In Italia, coordinati dal C.N.C.P.O, ci sono 20 centri per la sicurezza on line. La mission è quella di cercare la notizia di reato e di assicurare alla giustizia il criminale. Ma c’è un aspetto che ci ripaga di ogni sforzo, di tutte le fatiche, dell’impegno: salvare la vittima
D È successo?
R Oh, si!!! Dopo aver localizzato il video è partita una indagine a tappeto. Con modalità e con strumenti “esclusivi”, è stato individuato il bambino, e lo abbiamo sottratto a chi lo stava mettendo in pericolo. Ma la mia domanda è: perché quel bimbo era da solo? A volte c’è complicità. Altre superficialità…
D Una domanda, la sua, che apre un tema gigantesco: come si possono difendere i bambini e gli adolescenti?
R. Guardi, io non sono un talebano che dice di fare a meno dei supporti elettronici. Suggerisco, però, di adottare una gestione consapevole. E lo dico anche come papà di due figli piccoli. Padroneggiare i social senza rinunciarci
D Facile per lei… Ma come fa un comune mortale?
R Bastano accorgimenti di buon senso. Usare correttamente le impostazioni della privacy, non inserire come pubbliche le foto dei figli, perché se ne perde il controllo e per un rispetto dei minori stessi. Mai delegare a strumenti informatici il controllo delle attività on line dei propri figli: più presenza, più dialogo, più coinvolgimento, meno controlli. È importante conoscere i luoghi virtuali che visitano, dare un’occhiata alla loro rubrica telefonica, fare attenzione a chi “videogioca” con loro, impostare il limite di utilizzo temporale della x box o simili.
D Abbiamo messo il dito nella piaga della pedo pornografia. Ma i rischi sono infiniti, vero?
R Sì, sì… Per esempio quando, come spesso fanno gli adolescenti, vengono chattati su whats app o messi on line i video o le foto che li riprende nell’intimità, in un attimo diventano virali. Il codice rosso, per questo motivo, ha introdotto il reato di diffusione illecita di video e di immagini sessualmente espliciti
D Dottor Nardulli, come fate a resistere e a mantenere il controllo di fronte alle realtà che investigate? Come persone, come poliziotti, come genitori? Non vi incazzate mai?
R La professionalità ci aiuta nella gestione della emotività. Però, è chiaro, che a volte non basti. Il Ministero degli interni ha predisposto un servizio di aiuto psicologico che funziona con incontri periodici prestabiliti e, come necessaria decompressione, anche su nostra richiesta dopo indagini particolari.
D Non deve essere una passeggiata, comunque
R Io ho il mio pensiero di riferimento: “Le vicende di cui mi occupo sono la patologia della società, non la normalità”
Marco Gregoretti