“Non demonizzate la musica, non prendetevela con il rap”. Dopo l’arresto del rapper milanese Shiva parla Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria. Ecco il testo dell’intervista che mi ha rilasciato per Libero di venerdì 27 ottobre 2023

Shiva, il popolare trapper arrestato giovedì 26 ottobre 2023 per tentato omicidio
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Don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile di Milano Cesare Beccaria. Qui con due dei “suoi” ragazzi
Non è buonista. Ma, come tutti quelli che passano una vita a contatto con la realtà vera, senza troppe pippe mentali o pregiudizi, Don Claudio Burgio, 54 anni, da 18 cappellano dell’istituto penale per i minorenni milanese Cesare Beccaria, nonché fondatore, 23 anni fa, della associazione Kairos, è realista. E quindi non ha problemi a dire a Libero, a proposito dell’arresto del rapper 24 enne Shiva, all’apice del successo: “Mi dispiace che sia in carcere. Non demonizziamo la sua musica. Non c’entra nulla con i reati che ha commesso, degenerazione di conflitti tra gruppi di ragazzi. Anzi ascoltiamo le canzoni per capire. E spero che non debba stare a lungo in prigione…”. Don Claudio pone questo preambolo per rilasciare, parlandoci al telefono mentre è in viaggio, l’intervista a Libero su che cosa racconti oggi la triangolazione adolescenza, musica e disagio
D. Ascoltare o brani del rapper arrestato per capire perché si è cacciato in questo guaio?
R. Esatto. Partiamo dalla canzone Un milione di volte. Famosissima. “Sono cresciuto in un blocco deserto, il mio carattere non è perfetto”, canta Shiva. Ci parla della sua fragilità. Della fragilità del suo carattere. Una cifra di questi tempi che appartiene a tanti ragazzi, giovani, che dietro non hanno benessere esistenziale e valori. E che dentro sono pieni di incertezze interiori. Non demonizziamo il rap
Don Claudio Burgio, 54 anni, fondatore della associazione Kairos

D. Lei parla di tanti ragazzi, di giovani. Di valori che mancano. Che cosa c’è, allora, dietro alla coesione generazionale “trapper” e violenta?
R. Oggi? I soggetti con cui ho a che fare io non vanno molto d’accordo con Shiva. Non mi chieda il perché. Però il fil rouge è sempre lo stesso: i soldi e il successo. Contano la performance e il guadagno, per loro. Vedo l’assenza assoluta, nel “dna” sociale di tutti i rapper che conosco, di riferimenti, soprattutto paterni. Manca il codice paterno nella loro spina dorsale. Non esistono gli adulti, né come famiglia né come istituzione. La giustizia se la fanno da soli. Penso, per esempio, ai ragazzi del quartiere San Siro: partono da una situazione di debolezza, con famiglie tutte sotto la soglia di povertà. A casa ci stanno il meno possibile. E si costituiscono in gruppi, in gang. Anche se gang, e baby gang sono termini impropri.
D. Perché?
R. È vero, si fanno le loro regole che, applicate, possono sfociare, poi, in reati. Ma non ci sono capi e rituali. E, soprattutto, almeno al nord, non sono evidenziati rapporti con la criminalità organizzata. Li definirei piuttosto gruppi di quartiere
D. Sarà pur vero che i termini gang e baby gang non illustrano la realtà, però il problema di sicurezza esiste e, tra stupri di gruppo, rapine, violenze sui mezzi pubblici, è ogni giorno più stringente
R. Guardi, non sono buonista e ammetto che il decreto Caivano (15 settembre 2023. “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale” Ndr) abbia perlomeno posto la questione. Però è stato concepito sull’onda emotiva ed è in alcune parti anticostituzionale e, in altre, inapplicabile. Che senso ha mettere in prigione i genitori?
D. Quindi, secondo lei, che cosa bisognerebbe fare per dare un minimo di tranquillità ai cittadini?
R. Beh, mi aspetterei che il governo elaborasse un progetto più ampio, che preveda interventi globali e sulla prevenzione. Per fortuna mi risulta che abbia cominciato a pensare di muoversi anche in questo senso
Don Claudio Burgio a un dibattito

D. Da 18 anni lei è il cappellano del Beccaria. Ne ha viste e sentite di tutti i colori. Evasioni, sofferenze, ribellioni… Com’è la situazione oggi nel carcere minorile milanese?
R. Da un punto di vista strutturale sono in corso lavori di adeguamento: quindi la nostra capacità di ospitalità si ferma a 50 persone. Torneremo, poi, allo standard di 80
D. La tipologia del minore detenuto è cambiata?
R. Il Beccaria ospita alcuni giovani che hanno compiuto reati gravi. Ma il problema del momento è quello degli stranieri minori non accompagnati: il 12 per cento arriva a Milano. Ci sono 1500 ragazzi per strada, irrequieti e rabbiosi. Spesso dichiarano di avere 15 anni, invece ne hanno due o tre in meno. È molto difficile la “convivenza”. Anche perché non parlano altre lingue oltre alla loro.
D. E i giovani di quartiere di cui parlava?
R. Certo. Per esempio i cosiddetti di seconda generazione, tra cui molti rapper, albergano al Beccaria.
D. Ah, ecco, il rap…
R. Non diamogli la colpa. Sennò non capiamo.
Marco Gregoretti
L’INTERVISTA A DON CLAUDIO BURGIO PUBBLICATA DA LIBERO DI VENERDì 27 OTTOBRE 2023