Come fai a non commuoverti e a non sentirti piccolo piccolo quando ti raccontano certe storie? Per esempio che due figli hanno salvato la vita ai genitori, mettendo in gioco la propria? Eppure, in questi anni tormentati dall’edonismo dei like, dal cinismo social, dall’egoismo come ragione di vita, è successo davvero. Lo hanno annunciato da una delle eccellenze mondiali della sanità, dove ricerca e cura viaggiano insieme da tanti anni: l’ospedale Niguarda di Milano. La signora Anna aveva un problema serio di carattere epatico. C’era una sola chance per tirarla fuori dalla difficile situazione: trapiantarle un pezzo di fegato. Un sogno, un’utopia, che, forse, neanche nella Città del sole… E invece, i miracoli sono vicini a noi e troppo spesso non ce ne accorgiamo. A gennaio si sono fatti avanti due dei tre figli: “Eccoci con la nostra salute a posto, a disposizione di mamma, se serve”. L‘equipe della Chirurgia generale e dei Trapianti del Niguarda, la prima al mondo che, nel 2001, riuscì a portare a termine un trapianto di fegato tra persone in vita, ha così avviato lo screening complesso per stabilire la migliore compatibilità tra i due spontanei donatori. Quale dei due ragazzi avesse, cioè, i parametri a posto. Un percorso il cui esito viene di norma stabilito dal lavoro in sinergia dei medici del Niguarda, del Centro regionale dei trapianti e dal Tribunale di Milano. In poco meno di due mesi è stato possibile restituire la funzionalità epatica alla donna. E dare la medaglia d’oro alla generosità al figlio salvatore e al fratello.
In realtà è tutta la famiglia a stare saldamente in piedi sul gradino più alto. È protagonista, infatti, di una storia incredibile, che sembra uscita da una parabola biblica, da un segno destinario “angelico”. Il terzo figlio, 17 anni fa, salvò il padre, Antonio, 60 anni, sottoponendosi a un’operazione praticamente identica Sempre al Niguarda, sempre per mano degli operatori della stesso reparto. Il 15 dicembre del 2006 si fece asportare il lobo destro del fegato e lo regalò al papà malato. L’intervento chirurgico era difficilissimo, ai limiti del possibile. Ma andò tutto bene, i medici furono eccezionali e padre e figlio festeggiarono un Natale indimenticabile e dopo poco lasciarono l’Ospedale. “Questa è una famiglia meravigliosa” ha commentato commosso Luciano De Cartis, direttore del Niguarda transplant center e Presidente della Società italiana di Trapianti. “È una famiglia” ha detto ancora De Cartis “che rappresenta per tutti un grande esempio di coraggio, di altruismo e di fiducia. E noi continueremo a prenderci cura di tutti loro per i necessari controlli di cui ci sarà bisogno”.
Insomma, qualcuno potrebbe dire che le congiunture astrali esistono e a volte ci danno una mano. Sì, perché, la straordinaria favola vera di amore che abbiamo ascoltato cade proprio a ridosso della Giornata nazionale della donazione di organi, che ricorre domenica 16 aprile. Il caso di Anna, di Antonio e dei tre figli è nel book dei meritati successi messi a segno dal Niguarda nella delicata disciplina dei trapianti di fegato, molto spesso ultima speranza di ritorno alla vita per malati cronici. Dal 2001 i chirurghi di questa struttura sono riusciti a effettuare 115 trapianti di fegato da viventi. A questo punto è ovvio, l’appello lanciato dalla Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) milanese, ha un senso: “Ognuno di noi può contribuire a salvare una vita esprimendo il proprio sì alla donazione” . Fino all’estrema grandezza: regalare la vita a chi l’ha donata.
Marco Gregoretti