Lo sapevate che tutte le foto che abbiamo visto di Simonetta Cesaroni, uccisa martedì 7 agosto 1990 alle 18,00, mentre stava lavorando in ufficio, al terzo piano di via Poma,2, a Roma, sarebbero una delle prove, o, quanto meno un indizio che il vero assassino l’avrebbe fatta franca in tutti questi anni? Si è sempre sostenuto che la giovane vittima avesse nella sua borsetta soltanto i negativi di alcuni scatti e questo escluderebbe una pista, forse passionale, tralasciata. Ma, ora, salta fuori, dalle migliaia di pagine degli atti, un documento del 3 settembre 1990. Un foglio di carta con l’intestazione della Procura della Repubblica di Roma. È un decreto di restituzione inserito nel fascicolo 12731/9GA/1, inerente il procedimento nei confronti di Pietrino Vanacore, con cui Claudio Cesaroni, padre di Simonetta, chiese al Pubblico ministero Pietro Catalani, la “restituzione delle fotografie ritrovate nella borsetta di Simonetta Cesaroni”. Ah, ecco! Allora Simonetta quel giorno non aveva portato con sè soltanto i negativi, ma anche le stampe. E perché lo avrebbe fatto? Che motivo aveva?. Avrebbe dovuto consegnarle a qualcuno? Per esempio a XWXWXWXWWWXX che sarebbe andato in ufficio da lei quel fatidico pomeriggio del 7 agosto 1990?
Da ambienti investigativi arriva una indiretta conferma che gli interrogativi vanno nella giusta direzione: WXWXWX non sarebbe stato dove si è sempre detto che si trovasse quando Simonetta fu uccisa.
Marco Gregoretti